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Eugenio Montale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Testo esemplare della poetica montaliana del correlativo oggettivo. I due poli della poesia sono “male” e “bene”, attorno ad essi sono costruite le due strofe. Nella prima ruota tutto intorno al “male”: il rivo strozzato che gorgoglia come se fosse il lamento di una persona viva, la foglia riarsa dalla calura, dall’arsura che rimanda al consueto tema montaliano dell’aridità dell’esistenza, e il cavallo stramazzato cioè stroncato dalla fatica, un’esperienza tipicamente umana.
Nella seconda quartina, invece, ruota tutto intorno al “bene”; in opposizione al “male di vivere” che si manifesta negli aspetti più comuni della vita, Montale afferma che l’unico “bene” concesso all’uomo è quello della divina indifferenza. Ai tre emblemi del “male” si contrappongono simmetricamente tre correlativi oggettivi di questo “bene”: “la statua”, “la nuvola” e “il falco”.
Diverse, nelle tre immagini, sono le modalità dell'"indifferenza", in cui parrebbe consistere l'unico scampo al "male di vivere": la statua si caratterizza per la sua fredda, marmorea insensibilità; la nuvola e il falco perché si levano alti al di sopra della miseria del mondo.

 

Spesso il male di vivere ho incontrato:

era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

 

 

 

 

Meriggiare pallido e assorto

Non chiederci la parola

Spesso il male di vivere ho incontrato