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Eugenio Montale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Non chiederci la parola

 

Montale in questa poesia chiede al lettore di non chiedere più ai poeti la realtà assoluta, perché non esiste, quindi le poesie non rappresentano più la realtà, come al contrario i poeti laureati (D’annunzio) credevano di esprimere (come possiamo vedere Montale va contro i poeti laureati che per esprimere le proprie realtà utilizzavano terminologie molto complesse).

Montale nella seconda strofa fa riferimento all’uomo comune il quale è indifferente a tutto ciò che lo circonda, non gli importa di scoprire la realtà; al contrario il poeta è sempre alla ricerca della realtà assoluta, ma non riuscirà a trovarla perché non esiste, ma nonostante questo sente sempre la necessità di cercarla.

L’ultima strofa riprende e integra la prima. La parola capace di definire con sicurezza la condizione umana sarebbe una formula, una frase magica in grado di rivelare significati segreti e invisibili. Il poeta può solo esprimere parole contorte capaci non di affermare ma di negare. E’ quanto confermato dagli ultimi due versi.

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.






Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
 

 

 

 

Meriggiare pallido e assorto

Non chiederci la parola

Spesso il male di vivere ho incontrato